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Colesterolo e rischio cardiovascolare: quando non contano solo i numeri

Il 14 gennaio 1999 Russell Ross pubblicò sul New England Journal of Medicine (NEJM) uno degli articoli più citati in Medicina definendo l'aterosclerosi una MALATTIA INFIAMMATORIA.

 

Negli ultimi 20 anni sono stati fatti enormi progressi in termini di ricerca e farmacologia e ad oggi viene raccomandato in tutte le linee guida internazionali di tenere il colesterolo LDL il più basso possibile, specialmente in chi ha più fattori di rischio (fumo, ipertensione, diabete, squilibrio tra omega 3 ed omega 6, etc.)

 

Chi lavora in ottica di medicina integrata sa bene che non ci si può soffermare solo su un numero, ma che per ridurre il più possibile il rischio cardiovascolare c'è bisogno di un intervento mirato che vada ad agire anche sullo stile di vita, dieta, esercizio fisico e stress, dove l'infiammazione gioca un ruolo predominante.

 

L'insulinoresistenza, l'eccesso calorico ed iperglucidico/lipidico in un contesto di sedentarietà è la base che predispone ad ogni malattia cronica del nostro tempo.

 

Ad oggi oltre al colesterolo siamo in grado di misurare molti altri valori e definire meglio il rischio di sviluppare una conseguenza per la nostra salute, in maniera minimamente invasiva.

 

A ciò si aggiunge che praticare almeno 150 minuti a settimana di esercizio fisico (includendo anche esercizi contro resistenza, quindi con i pesi) abbatte notevolmente il rischio di morire per tutte le cause esistenti.

 

Non soffermiamoci solo su un valore di colesterolo LDL bensì cerchiamo di inquadrare al meglio la persona individuando tutte le possibili variabili.

 

"È meglio amare o essere amati? Nessuno dei due se il vostro colesterolo è più di seicento". (Woody Allen)

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