
Dal punto di vista dei sintomi un’anemia da carenza di ferro solitamente si manifesta con debolezza, facile faticabilità, ridotta capacità aerobica e di resistenza.
Segnali di allarme includono poi elevata frequenza cardiaca a riposo e pallore cutaneo, oltre a disturbi legati al sistema immunitario e sul tono dell’umore.
Il fabbisogno giornaliero in un soggetto adulto sano varia da 8 mg per gli uomini, a circa il doppio per le donne in età fertile (18 mg), valori che raddoppiano ulteriormente in caso di gravidanza. Per l’atleta stimare un fabbisogno giornaliero diventa più complicato e correlato anche al tipo e quantità di attività svolta in relazione alle perdite.
Ad oggi esistono 3 modalità di supplementazione del ferro:
Aumentare l’assunzione con la dieta
Supplementazione orale
Supplementazione endovenosa (nei casi più gravi)
La supplementazione orale dovrebbe essere costituita da una forma di ferro ferroso (Fe2+) ad alta biodisponibilità come fumarato, solfato, gluconato, chelato o in liposomi, forme ben più tollerate a livello gastrointestinale e per un periodo di almeno 8 settimane con successiva rivalutazione degli esami ematici.
Il dosaggio varia dai 60 ai 200 mg di ferro elementare, spostandoci nel range più alto in caso di maggior gravità della carenza. Alcuni autori preferiscono l’assunzione a giorni alterni piuttosto che quotidiana, per alcuni meccanismi di ridotto assorbimento legati all’attività dell’epcidina.
Concludo infine ricordando 2 cose ad oggi non sembra esserci evidenza di un sovraccarico di ferro dal solo cibo in soggetti sani, inclusi quelli che fanno un grande consumo di carne rossa. Va ricordato infine che tanti enzimi sono ferro-dipendenti, in particolare la tireoperossidasi (TPO) presente nella tiroide che serve per formare i nostri amati ormoni! Prima di sospettare un #ipotiroidismo ricordatevi sempre di dosare l’assetto del ferro, specie per le donne in età fertile!
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