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Facciamo un passo indietro: il mito dei 10mila passi al giorno

Da sempre una certezza, gli enti e le istituzioni sulla promozione della salute hanno per anni sostenuto che fare circa 10 mila passi al giorno potesse ridurre il rischio di mortalità e malattie cardiovascolari.

 

In realtà l'origine dei 10000 passi al giorno deriva da una trovata commerciale: una società giapponese chiamata "Yamasa Tokei Keiki" che produceva contapassi ha prodotto il primo prodotto commerciale nel 1965 che era stato chiamato proprio in quel modo.

 

Un recente studio però pubblicato sulla prestigiosa rivista JAMA ha messo in evidenza che i maggiori benefici si hanno anche per minori distanze e numero di passi.

 

I ricercatori hanno estratto i dati dallo studio CARDIA (Coronary Artery Risk Development in Young Adults), iniziato nel 1985 ed ancora in corso. 2.100 partecipanti di età compresa tra 38 e 50 anni hanno indossato un accelerometro a partire dal 2005, seguiti per quasi 11 anni ed i risultati sono stati analizzati nel 2021.

 

I partecipanti sono stati divisi in tre gruppi: volume basso (meno di 7.000 passi al giorno), moderato (7.000-9.999) e alto (>10.000). Si è visto che già a partire da 7000 passi il rischio di mortalità per tutte le cause era ridotto, con maggior evidenza per donne e neri rispetto ai loro coetanei sedentari.

 

Il dato interessante è che l'aumento dell'intensità nel camminare non era associato ad un ulteriore riduzione di mortalità. Inoltre il corpo è in grado di adattarsi ai carichi di lavoro, quindi soffermarsi solo su un dato può essere fuorviante.

 

Se consideriamo poi il peso o altri benefici la sola camminata non è sufficiente ma deve essere integrata con esercizio fisico costante e correzione delle abitudini alimentari. Attenzione quando consigliamo di fare almeno 10.000 passi al giorno a persone affette da malattie croniche, poiché per molti può essere decisamente troppo rispetto alle loro reali capacità.

 

 

"Il camminare presuppone che a ogni passo il mondo cambi in qualche suo aspetto e pure che qualcosa cambi in noi". (Italo Calvino)

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